La mattina del 1° dicembre 1941 un attacco partigiano sorprende il comando della divisione Pusteria, acquartierato a presidio della cittadina di Pljevlja, nel nord-ovest del Montenegro. “La furiosa battaglia continua per tutta la notte, e anche il giorno dopo non conosce tregua”, ricorda un testimone, ma la città non si arrende e i partigiani jugoslavi sono costretti a ritirarsi. Cadono, da entrambe le parti, decine di uomini: soldati italiani, partigiani jugoslavi e civili fucilati per rappresaglia. Si tratta di uno dei più clamorosi episodi della resistenza europa, certamente la battaglia partigiana più grande combattuta nel 1941.
Come ogni anno la città di Pljevlja ne ha commemorato la memoria il primo giorno del mese di dicembre. Quest’anno tuttavia c’è stata una novità di rilievo: alle celebrazioni ha preso parte una piccola delegazione italiana, composta dallo storico Eric Gobetti e della Vicedirettrice dell’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza, Barbara Berruti.
Sono passati due anni. Il 2 dicembre 1943, sempre a Pljevlja, viene costituita la prima unità partigiana italiana in Jugoslavia, la divisione Garibaldi. Sono ben 20.000 i soldati che dopo l’Armistizio scelgono di non arrendersi ai tedeschi, preferendo allearsi coi nemici del giorno prima pur di combattere il nazismo. Ne torneranno la metà. Lo scorso 2 dicembre, dopo 73 anni, la città di Pljevlja ha ospitato la proiezione del mio documentario Partizani. La Resistenza italiana in Montenegro. Si tratta di una vicenda poco nota in Italia ma conosciuta e rispettata in tutto il Montenegro, dove il ricordo del sacrificio degli italiani che hanno lottato con i partigiani locali ha soppiantato in larga misura la triste conta dei crimini commessi precedentemente, lasciando un ricordo sempre positivo di quei contadini-soldati finiti a combattere e morire su montagne inospitali, così lontano da casa. I fiori deposti insieme dal comune di Pljevlja e dagli ospiti italiani al monumento inaugurato nel 1983 dal presidente Pertini hanno rappresentato simbolicamente una nuova speranza, un nuovo inizio nel nome del riconoscimento delle rispettive sofferenze del passato e di un futuro comune in un’Europa rinnovata.